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DOTT.SSA Erika Massaccesi

Psicologa Clinica e Pediatrica. Psicoterapeuta. Analista Transazionale.

DOTT.SSA ERIKA MASSACCESI

Quella Carezza della sera…

“Senza carezze, non si cammina a petto in fuori.” — Eric Berne, A che gioco giochiamo (p.15)

Quando si pensa alla parola “carezza” ci si riferisce di solito al contatto fisico, tuttavia la Carezza, come la intendeva Eric Berne, fondatore dell’Analisi Transazionale, è un concetto molto più profondo che non riguarda il solo contatto fisico. Con la parola Carezza, indichiamo ogni atto che implichi il riconoscimento della presenza dell’altro sia positivo sia negativo.

Ogni giorno ci scambiamo delle carezze, pensate al semplice saluto “Ciao!”, oppure a “Ti voglio bene”, un sorriso, una stretta di mano, sono tutti modi in cui comunico all’altro “so che ci sei/esisti”. Questo tipo di Carezze generano una sensazione piacevole in chi le riceve, ma esistono anche Carezze negative, che risultano spiacevoli per chi le riceve. Ne sono un esempio gli insulti, uno schiaffo e una smorfia di disapprovazione. Tra le carezze negative più dolorose, soprattutto per un bambino, ci sono quelle negative incondizionate (rivolte a ciò che siamo) es. “Sei proprio uno stupido!”. Quanti di voi ancora oggi, dopo aver commesso un errore (anche solo di distrazione) se lo ripetono?

“Sono proprio uno stupido!”.

Ci sono poi quelle Carezze più “sottili” che molti adulti si “divertono” a dare e ad accettare, sono le Carezze finte, di plastica, non autentiche, inizialmente sembrano positive, ma … vi è un’allusione pungente alla fine

 …

“Ma certo che vengo al tuo compleanno … del resto non ho altro da fare!”

“Buona la lasagna, sembra quella che fa mia madre!”.

Le carezze fungono da nutrimento e influenzano la qualità della nostra vita: dare e ricevere carezze ci permette di sentirci riconosciuti e di riconoscere gli altri! Fin dal primo giorno di vita, siamo tutti affamati di carezze e le cerchiamo come se ne fossimo digiuni.

“Le carezze sono necessarie alla vita come la soddisfazione di altri bisogni biologici […] il cui mancato soddisfacimento conduce alla morte” (Steiner 2011, pag.110)

Il tipo particolare di carezze ricevute da bambini determinerà la nostra “scelta” a quel tipo di carezze piuttosto che ad un altro, nonché la capacità di recepire carezze e di farne a nostra volta agli altri.

Quella carezza della sera (New Trolls)

CHE NE PENSI?

Steiner – allievo di Berne – afferma però che, ad un certo punto, il libero scambio delle carezze è stato artificialmente controllato attraverso l’imposizione di alcune regole:

“Non dare le carezze che vorresti dare”

“Non chiedere le carezze che vorresti”

“Non accettare le carezze che desideri”

“Non rifiutare le carezze che non vuoi”

“Non fare carezze a te stesso”

Col tempo si forma una vera e propria economia delle Carezze che il bambino considera come un bene da tutelare, da non sprecare e di cui non abusare.

Secondo Steiner la conseguenza di tale “economia” è che i bambini iniziano ad accettare anche le carezze negative (che sono meglio di niente!) perché, seppur dolorose, comunque sono un modo per sentirsi riconosciuti.

“Accogliere carezze negative è come bere acqua inquinata: il bisogno estremo ci porta a trascurare gli aspetti dannosi di ciò di cui abbiamo bisogno per sopravvivere”. (Steiner 2011, pag.106) “Il risultato è che le persone sono private della loro capacità di amare […]” (Steiner 2011, pag.115).

 

Non contare le ferite. Conserva le carezze.

Silvana Stremiz 

Cosa puoi fare per avere le Carezze di cui hai bisogno?

Accogliere e darsi Carezze ha un effetto positivo sul benessere psico-fisico della persona (aumenta il rilascio di endorfine!).

La buona notizia è che si può imparare ad allargare la maglia del filtro con il quale selezioni le Carezze (anche se non ne sei consapevole).

Puoi: 

• Dare le carezze che vuoi dare agli altri
• Chiedere carezze di cui hai bisogno in quel momento
• Accettare le carezze che ti vengono fatte
• Rifiutare le carezze che non desideri
• Darti carezze positive.

 

Qual è la vostra Carezza preferita?

LA FAVOLA DEI CALDOMORBIDI

Condivido con voi LA FAVOLA DEI CALDOMORBIDI, una metafora del bisogno umano di contatto e riconoscimento, scritta nel 1969 da Claude Steiner, psicologo e stretto collaboratore di Eric Berne, il fondatore dell’Analisi Transazionale. Ai genitori e agli educatori potrà essere utile come strumento per una prima alfabetizzazione sulle emozioni e sulla comunicazione. Io ogni tanto me la rileggo e nonostante la conosca a memoria posso ancora sentire l’effetto che ha su di me.

CLAUDE STEINER, LA FAVOLA DEI CALDOMORBIDI (KAMISHIBAI), versione italiana e adattamento al testo di Cinzia Chiesa, illustrazioni di Antongionata Ferrari, Edizioni Artebambini, Bologna 2009 (in collaborazione con il Centro di psicologia e Analisi Transazionale di Milano). Voce Erika Massaccesi.
I bambini, protagonisti di questa fiaba, possono contare, fin dalla nascita, sul benefico tepore creato dal contatto con i Caldomorbidi, almeno fin quando una strega malefica modifica questa situazione ideale. I riconoscimenti, la vicinanza e l’intimità che i Caldomorbidi rappresentano vengono infatti scambiati dalla strega, avida e invidiosa, con dei sostituti, che sotto un’apparenza attraente, si rivelano in realtà Freddoruvidi, che tengono a distanza. Sarà una giovane donna dai fianchi larghi a proporre di nuovo il permesso di scambiare Caldomorbidi.

https://shop.artebambini.it/kamishibai/favola-dei-caldomorbidi-la

 

Conoscete quale sia il vostro vero valore, e non vi perderete.

(Kahlil Gibran)

Se vuoi saperne di più sulla terapia, leggi qui:

https://www.ossimoro.net/servizi/

Hai qualche domanda per me?

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Psicologa Clinica e Pediatrica. Psicoterapeuta. Analista Transazionale.